venerdì 23 novembre 2007

“I grattacieli amor mio non fanno solletico a Dio”…

…cantava il buon Toto Cutugno qualche anno fa. Ma ai torinesi?
Il dibattito che tiene maggiormente banco a Torino in questi ultimi tempi è senza dubbio quello legato alla presentazione del progetto del grattacielo che ospiterà, una volta terminato (si prevede nel 2010), il corporate centre del nuovo colosso bancario Intesa-Sanpaolo. Tra appelli accorati e sarcasmi fuori luogo, da entrambi gli schieramenti si levano richiami a favore o contro quest’opera, che sicuramente sarà destinata a cambiare la skyline di una città che nel corso dei secoli raramente ha puntato allo sviluppo e all’elevazione verticale delle sue strutture architettoniche. Con alcune eccezioni, s’intende: la Mole Antonelliana, ora simbolo della città, ma che ai suoi tempi, non fu compresa dalla maggior parte dei torinesi, che guardavano sospettosi la stravaganza di un edificio privo di utilità concreta e sgradito alla stessa committenza (la comunità ebraica torinese, che l’aveva fatta progettare come nuova sinagoga e che alla fine cambiò sito e progetto).
Nel XX fu la volta della fascistissima Torre Littoria, che con i suoi 109 m. avrebbe dovuto diventare la cazzuta sede del maschio e virile PNF, ma molto più prosaicamente alla fine fu ceduta ad una grande compagnia di assicurazioni, dopo essere stata ribattezzata “Pugno nell’occhio” dai torinesi che evidentemente non gradirono neppure questo inserimento incongruo in un contesto urbanistico-architettonico barocco di grande suggestione ambientale.
Mai contenti e sempre malmostosi i torinesi, perché nel dopoguerra ebbero da ridire anche sull’orrendo condominio di Piazza Solferino, sul Palazzo Lancia in Borgo San Paolo, sul CTO in riva al Po, sul Grattacielo RAI-TV a Porta Susa e sull’ex Palazzo Sip-Telecom di Corso Inghilterra (prossima sede unificata degli uffici provinciali), sebbene nessuno di questi si avvicinasse ai canonici cento metri che convenzionalmente sono considerati il limite minimo per uno skyscrape decente.
Anche oggi i torinesi contestano scelte che sembrano contraddire quell’idea di città che i cittadini coltivano. Lo dicono anche i sondaggi (peraltro non statisticamente attendibili) improvvisati dalle redazioni web de “La Stampa” e de “la Repubblica-Torino”, che fotografano una città spaccata in due partiti contrapposti su progetti di questo tipo. “la Repubblica” assegna il 53% ai pareri contrari al sorgere del grattacielo targato Sanpaolo, mentre specularmente “La Stampa” attribuisce il 52% ai pareri favorevoli al progetto di Renzo Piano.
Oltretutto in questi giorni stiamo assistendo a un balletto di polemiche, dietrofront, accuse, scuse, ripensamenti, malignità, contraffazioni e travisamenti innescatesi su questo argomento, che mettono a dura prova la credibilità di architetti, amministratori, boiardi pubblici e privati, giornalisti, commentatori ecc. Si va dalle false cartoline degli ambientalisti che distorcono le più elementari leggi della prospettiva alle miserabili e maliziose perfidie del sindaco Chiamparino (“C'è chi vorrebbe vedere ancora le pecore pascolare in città”). Dai balbettamenti di Renzo Piano, disposto a ridimensionare il suo progetto e farlo tornare al di sotto dei fatidici 167 m. della Mole Antonelliana pur di non doversi confrontare con chi osteggia la sua creatura alla squallida gara tra Enrico Salza (quello che, tanto per interderci, dopo aver sacrificato l’Istituto Bancario San Paolo sull’altare dell’ingordigia milanese ora vuole fare “un regalo alla città”) e Mercedes Bresso, la governatrice che ha affidato a Massimiliano Fuksas la sua ansia di immortalità, a chi ce l’ha più lung… pardon, alto. Dalla sinistra radicale che no, comunque e sempre no ai forzitalioti-popolodellelibertà che no, perché Chiamparino è per il sì. Dal Chiampa medesimo che spaventato dal dibattito in corso parla ora di un fumoso progetto di referendum tra la popolazione alle faide interne alla casta degli architetti che stanno strumentalizzando la questione per riaprire rancori mai sopiti e astiose rivalità.
E i torinesi? Loro aspettano. Hanno criticato Guarini dandogli del bizzarro e del folle, hanno contestato Juvarra, compatito l’Antonelli, mugugnato su Fenoglio e ora si spaccano su Piano e Fuksas. Ma come non dare un po’ di ragione alla dilagante sfiducia, dopo aver assistito ai più recenti scempi perpetrati da architetti preoccupati solo dal loro ego ipertrofico? Fuksas a Porta Palazzo, lo sfacelo di Piazza Valdo Fusi, la fesseria di Gae Aulenti al Palavela, l’obbrobrio della centrale del teleriscaldamento in Corso Ferrucci, il Palaisozaki sottoutilizzato, i nuovi quartieri dormitorio sulle ex spine ferroviarie, degni delle più fetide periferie bulgare... devo continuare?

1 commento:

Anonimo ha detto...
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